Attualità della critica al Vaticano II da parte di Mons. Lefebvre

Fonte: FSSPX Attualità

Durante l'incontro organizzato il 30 gennaio 2021 dall'Ufficio di catechesi della Conferenza episcopale italiana (CEI), Francesco ha ribadito che "il Concilio è il magistero della Chiesa", insistendo: "O tu stai con la Chiesa e pertanto segui il Concilio, e se tu non segui il Concilio o tu l’interpreti a modo tuo, come vuoi tu, tu non stai con la Chiesa". Che si potrebbe tradurre con: fuori dal Concilio, nessuna salvezza!

 

 

Sulla base di una citazione di Paolo VI, alla prima assemblea della CEI tenutasi dopo il Concilio, Papa Francesco ha designato il Vaticano II come il "grande catechismo dei tempi nuovi".

Certamente Francesco si rivolgeva a chi, sempre secondo Paolo VI, vuole "rinegoziare il Concilio per ottenere di più". Ma si può pensare che quelli che vogliono aprire un dibattito teologico sul Vaticano II per denunciare le fratture dottrinali di cui è causa, siano - anche loro - nel mirino del Papa.

In questa prospettiva, il libro L'altro Vaticano II, edito dal vaticanista Aldo Maria Valli con Chorabooks, corre il rischio di ricevere l'imprimatur del Papa. Questo lavoro collettivo offre uno sguardo controcorrente al Concilio Vaticano II, "un tema essenziale se vogliamo affrontare la questione della crisi della Chiesa e della fede stessa", scrive il giornalista italiano, ricordando: "Il Vaticano II è venuto da una Chiesa che voleva accontentare il mondo, come una madre amorevole e gentile, affidabile e accogliente. Un desiderio comprensibile, ma che [di fatto] ha aperto la porta all'apostasia. Gesù non ha mai voluto compiacere il mondo, né concedere sconti di alcun genere per apparire comprensivo e colloquiale."

Sul suo blog del 30 gennaio Aldo Maria Valli sottolinea la necessità di "de-dogmatizzare" il Vaticano II: "un Concilio che voleva essere non dogmatico [ma che] è diventato esso stesso un dogma. Se, al contrario, riusciamo a considerarlo come un evento dalle tante sfaccettature, con le speranze che ci ha dato, ma anche con tutti i suoi limiti intrinseci e gli errori di prospettiva che lo hanno segnato, renderemo un buon servizio alla Chiesa e alla qualità della nostra fede. Spesso affrontare le origini della malattia provoca una sensazione di tristezza e può insorgere un insidioso senso di fallimento. Tuttavia, deve essere fatto se vogliamo trovare la via per la guarigione."

Il lavoro riesce a riunire su questo tema personalità tanto diverse, anche divergenti, come Enrico Maria Radaelli, Padre Serafino Maria Lanzetta, Padre Giovanni Cavalcoli, Fabio Scaffardi, Alessandro Martinetti, Roberto de Mattei, Cardinale Joseph Zen Ze-kiun, Eric Sammons, Mons. Carlo Maria Viganò, Mons. Guido Pozzo, Giovanni Formicola, Don Alberto Strumia, Mons. Athanasius Schneider.

E Aldo Maria Valli avverte: "in questo libro c'è spazio per diverse modulazioni. Se padre Giovanni Cavalcoli, ad esempio, scrive che i risultati pastorali del Concilio possono essere discussi, ma che le dottrine vanno accettate, e se Mons. Guido Pozzo propone un percorso tra rinnovamento e continuità, alcuni, come Eric Sammons, ammettono che se una volta difendevano il Concilio, ora lo sfidano apertamente. E se Don Alberto Strumia, pur ammettendo che il Concilio ha molte colpe, sostiene che non dobbiamo farne un capro espiatorio, Mons. Carlo Maria Viganò e Mons. Athanasius Schneider spiegano perché la malattia modernista deve essere diagnosticata in profondità, al fine di fornire una cura adeguata."

Aldo Maria Valli rende omaggio a Mons. Marcel Lefebvre che, dal 1976, non ha esitato a pubblicare il suo J'accuse le Concile: "Mezzo secolo dopo la fine del Concilio, è finalmente necessario approfondire la sostanza delle domande poste da Mons. Lefebvre, ma anche da tanti altri osservatori e rappresentanti della Chiesa, fino alle recenti prese di posizione di mons. Viganò e di Mons. Schneider."

 

L'ermeneutica della continuità o del cerchio quadrato

Con questi ultimi due prelati, la questione si concentra sulla "ermeneutica della continuità" promossa da Benedetto XVI nel 2005. Il vaticanista scrive giustamente su questo argomento: "L'ermeneutica della continuità non regge la prova dei fatti. Ad esempio, per quanto riguarda la regalità sociale di Cristo e l'oggettiva falsità delle religioni non cristiane, il Vaticano II segna una rottura con l'insegnamento dei papi precedenti e conduce all'esito oggettivamente inaccettabile della Dichiarazione di Abu Dhabi firmata da Francesco.

"Con l'accusa che i critici restino attaccati a un passato da superare, si afferma implicitamente la necessità di 'andare oltre' l'insegnamento di tutti i papi fino a Pio XII. Ma 'una tale posizione teologica', osserva Mons. Athanasius Schneider, 'è in definitiva protestante ed eretica, poiché la fede cattolica implica una tradizione ininterrotta, continuità ininterrotta, senza rottura dottrinale e liturgica distinguibile'."

Aldo Maria Valli enumera i recenti documenti romani che è importante studiare con lucidità: "Con la dichiarazione di Abu Dhabi, sono Amoris lætitia, Laudato si' e Fratelli tutti che dovrebbero incoraggiarci a riflettere sull'entità della rottura. E in questo basta vedere che l'enciclica sulla fraternità [Fratelli tutti] manca di un orizzonte chiaramente soprannaturale e dell'annuncio della verità che Cristo è la fonte indispensabile della vera fraternità.

"La distruzione della fede cattolica e della Santa Messa, non solo tollerata ma spesso promossa dalle massime autorità della Santa Sede, non può lasciare inerti i battezzati. Riconoscere le radici della malattia è un dovere. Una resistenza è necessaria. Questa resistenza deve essere tanto più esplicita e coerente quanto le si oppone la dogmatizzazione del Concilio."

Ancora una volta, il giornalista italiano si riferisce a Mons. Lefebvre: "I problemi sono arrivati ​​molto velocemente e alcuni non li hanno nascosti. Lo dimostra il drammatico scontro avvenuto a Castel Gandolfo l'11 settembre 1976 tra Paolo VI e Mons. Marcel Lefebvre. 'Sei in una posizione terribile! Sei un antipapa', esclamò Montini. 'Non è vero. Sto solo cercando di formare sacerdoti secondo la fede e nella fede', ha risposto il fondatore della Fraternità Sacerdotale San Pio X.

"Rileggendo il contenuto di questo durissimo confronto (grazie alla relazione redatta da monsignor Giovanni Benelli, allora deputato della Segreteria di Stato), si capisce che le questioni sono sul tavolo da tempo.

"A un certo punto Paolo VI esclamò: 'Lei ha detto al mondo intero che il Papa non ha fede, che non crede, che è un modernista, ecc. Devo, sì, essere umile, ma tu sei in una posizione terribile. Stai facendo atti estremamente gravi davanti al mondo'.

"E Mons. Lefebvre ha risposto: 'Non sono io che voglio creare un movimento, sono i fedeli che sono lacerati dal dolore e che non accettano certe situazioni. Non sono il leader dei tradizionalisti. Sono un vescovo che, addolorato per quanto sta accadendo, ha cercato di formare sacerdoti come si faceva prima del Concilio. Mi comporto esattamente come prima del Concilio. Quindi non riesco a capire come sia possibile che io sia improvvisamente condannato per aver formato sacerdoti in obbedienza alla sana tradizione della Santa Chiesa'. "

Respingendo il tentativo di Benedetto XVI di "salvare" il Concilio attraverso "l'ermeneutica della continuità", Aldo Maria Valli riprende il dibattito di Mons. Lefebvre con Paolo VI, 45 anni fa: "Oggi, nel 2021, sarebbe tempo di mettere da parte l'infelice metodo della 'quadratura del cerchio', cioè il tentativo di giustificare l'ingiustificabile. L'espressione "ermeneutica della continuità" non può essere usata come formula magica per nascondere la realtà, e la realtà è che il Concilio ha portato dentro di sé i semi della catastrofe che è oggi davanti ai nostri occhi.

"Il paradosso è che la richiesta di molti laici, che venga finalmente stabilita la chiarezza, che gli errori vengano riconosciuti e corretti, e che l'insegnamento venga riportato alla tradizione, è disprezzata da quella che Mons. Athanasius Schneider chiama 'la nomenklatura ecclesiastica'. Proprio il clero che, per decenni, ha predicato e sollecitato, in nome del Concilio, un ruolo di primo piano per i laici, ricade ora nel clericalismo più vile e invita i laici a chinarsi, a tacere. 'Ma i fedeli laici', dice Mons. Schneider, 'devono rispondere a questi chierici arroganti'. [...]

"La verità, come sostiene Mons. Schneider, è che, durante il Concilio Vaticano II, 'la Chiesa ha cominciato a offrire sé stessa al mondo, a flirtare con il mondo, a manifestare un complesso di inferiorità rispetto al mondo'. Se prima del Concilio i chierici hanno mostrato Cristo al mondo e non sé stessi, dal Concilio in poi la Chiesa cattolica ha cominciato a 'implorare la simpatia del mondo' e oggi lo fa più che mai, ma 'questo è indegno di lei e non le farà guadagnare il rispetto di coloro che cercano veramente Dio'."

L'ermeneutica della continuità e la roccia di Sisifo

Se, a proposito dell'ermeneutica della continuità, Aldo Maria Valli parla di 'quadratura del cerchio', in uno studio pubblicato sul sito americano One Peter Five, il 21 settembre 2020, Mons. Carlo Maria Viganò - anche coautore di L'Altro Vaticano II - ha parlato della "roccia di Sisifo":

"L'obiettivo dei difensori pubblici del Vaticano II appare come la prova imposta a Sisifo: difficilmente riescono, a costo di mille sforzi e mille distinzioni, a formulare una soluzione apparentemente ragionevole che non tocchi direttamente il loro piccolo idolo, e qui le loro parole vengono subito rinnegate dalle affermazioni contrarie di un teologo progressista, un prelato tedesco, lo stesso Francesco. Così la roccia conciliare rotola di nuovo verso valle, dove la attrae la legge di gravità, dove è il suo posto naturale."

E il prelato romano chiarisce: "È ovvio che, per il cattolico, un concilio è ipso facto di tale autorità e importanza che egli ne accetta spontaneamente gli insegnamenti con filiale devozione. Ma è altrettanto evidente che l'autorità di un concilio, dei padri conciliari che ne approvano i decreti e dei papi che li promulgano, non rende meno problematica l'accettazione di documenti che sono in flagrante contraddizione con il Magistero, o per lo meno lo indeboliscono.

"E se questo problema persiste dopo sessant'anni - in perfetta coerenza con la deliberata volontà degli innovatori che hanno preparato i documenti e influenzato i protagonisti - dobbiamo chiederci qual è l'obex, l'ostacolo insormontabile che ci obbliga, contro ogni diritto, a considerare forzatamente cattolico ciò che non lo è, in nome di un criterio valido solo ed esclusivamente per ciò che è certamente cattolico.

"Deve essere chiaro che l'analogia fidei si applica alle verità della Fede, appunto, e non all'errore, poiché l'unità armoniosa della Verità in tutte le sue articolazioni non può cercare la coerenza con ciò che è. Se un testo conciliare formula un concetto eretico o vicino all'eresia, non c'è alcun criterio ermeneutico che lo possa rendere ortodosso, semplicemente perché questo testo fa parte degli atti di un concilio.

"Sappiamo molto bene quali inganni e manovre intelligenti sono state messe in atto da consiglieri e teologi ultra-progressisti, con la complicità dell'ala modernista dei Padri conciliari. E sappiamo bene con quale connivenza Giovanni XXIII e Paolo VI approvarono queste mani aiutanti, in violazione delle norme che loro stessi avevano approvato.

"Il vizio sostanziale quindi consiste nell'aver indotto fraudolentemente i Padri conciliari ad approvare testi equivoci - che ritenevano sufficientemente cattolici da meritarsi il loro placet - e poi ad usare questa stessa ambiguità per far loro dire esattamente ciò che volevano gli innovatori. [...]

"Va notato che questo meccanismo inaugurato dal Vaticano II ha conosciuto una recrudescenza, un'accelerazione, persino un boom senza precedenti con Papa Bergoglio, che ha deliberatamente fatto ricorso a espressioni imprecise, abilmente formulate al di fuori del linguaggio teologico, proprio nell'intento di smantellare pezzo per pezzo ciò che resta di la dottrina, in nome dell'applicazione del Concilio. È vero che con lui l'eresia e l'eterogeneità rispetto al Magistero sono evidenti e quasi sfacciate; ma è altrettanto vero che la Dichiarazione di Abu Dhabi non sarebbe concepibile senza la premessa della Lumen gentium. [...]

"Concluderò ricordando un fatto che mi sembra molto significativo: se i Pastori si fossero impegnati con la stessa forza di quella dispiegata per decenni a difendere il Vaticano II e la 'Chiesa conciliare', per riaffermare e difendere tutta la dottrina cattolica, oppure se non altro per promuovere la conoscenza del Catechismo di San Pio X tra i fedeli, la situazione del corpo ecclesiale sarebbe radicalmente diversa. Ma è anche vero che i fedeli educati alla fedeltà alla dottrina si sarebbero armati di forconi per accogliere le falsificazioni degli innovatori e dei loro protettori."

Tale è il dibattito sul Concilio che Mons. Brunero Gherardini (1925-2017) ha giustamente ritenuto debba necessariamente essere aperto [Concilio Vaticano II: un discorso da fare, Casa Mariana Editrice, 2009], e che ha deplorato che non avesse avuto luogo [Concilio Vaticano II: il discorso mancato, Lindau, 2011]. Le autorità romane non potranno sottrarsi a questo dibattito a tempo indeterminato.