Cina e Vaticano, al tempo del riscaldamento diplomatico

Fonte: FSSPX Attualità

Cattedrale di Pechino

Ci sarà, in un futuro più o meno prossimo, un nunzio apostolico a Pechino? La stessa domanda può essere posta anche diversamente: Taiwan pagherà il prezzo dell’attuale politica della Santa Sede nei confronti della Cina? Potremmo pensarlo, considerando alcuni segnali emersi durante il viaggio di Papa Francesco in Mongolia, dal 2 al 4 settembre 2023.

Per la cronaca, dopo la rottura dei rapporti diplomatici tra la Santa Sede e la Repubblica popolare cinese nel 1951, la nunziatura fu trasferita a Taipei, svolgendo ormai la sua funzione di "ponte tra la Chiesa universale e i cattolici cinesi", come allora Roma voleva .

Ma nella sua ricerca di riavvicinamento con la Cina continentale – iniziata ben prima dell'attuale pontificato – la Santa Sede ha ridotto la sua presenza nell'antica Formosa, lasciandovi un solo incaricato d'affari.

Successivamente, nel settembre 2018, la Repubblica popolare cinese e la Santa Sede hanno firmato un accordo provvisorio che autorizza in particolare il Papa a nominare vescovi, previa approvazione del Partito comunista cinese.

Così tanti i gesti conciliatori nei confronti dei Mandarini Rossi, che i cattolici taiwanesi si sono rassegnati ad accettare, non senza una certa amarezza, temendo di vederli come un segno della futura perdita di indipendenza dell'isola.

Timori che difficilmente potranno essere dissipati dopo il viaggio apostolico che il Sommo Pontefice ha compiuto in Mongolia all'inizio di settembre 2023. A pochi giorni da questo viaggio, approfittando della messa solenne di rientro dal seminario diocesano di Pechino, il 28 agosto scorso, nell'omelia l'arcivescovo della capitale cinese ha formulato una preghiera molto speciale, chiedendo "il rapido instauramento di relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e la Cina".

Quando ricordiamo che mons. Giuseppe Li Shan, vescovo cinese riconosciuto da Roma, è diventato presidente dell’Associazione patriottica dei cattolici cinesi – entità guidata dal Partito comunista cinese (PCC) – siamo tentati di pensare che il prelato non avrebbe osato fare una preghiera del genere senza avere avuto l’approvazione del PCC. Tanto più che mons. Li Shan in passato ha dato sufficienti garanzie di buona condotta ai padroni di Pechino.

D'altra parte, la consuetudine diplomatica vaticana prevede che il Papa invii un telegramma di benedizione ai capi di stato dei Paesi sorvolati dall'aereo papale. Tra Italia e Mongolia sono una decina i Paesi che hanno ricevuto questo telegramma, all'andata e al ritorno, compresa la Cina, perché è necessario sorvolare il Paese.

Il Sommo Pontefice ha potuto così rivolgersi direttamente a Xi Jinping, certo in un quadro protocollare, ma che richiama il desiderio del capo della Chiesa di far atterrare un giorno il suo aereo a Pechino: "Rientrando a Roma dopo il mio viaggio in Mongolia, rinnovo i miei pii auguri verso Vostra Eccellenza e il popolo cinese, e invoco su tutti voi l'abbondanza delle benedizioni divine". 

Il pontefice argentino ha approfittato della messa celebrata nella capitale mongola anche per lanciare un segnale di buona volontà al presidente cinese: "Vorrei approfittare della vostra presenza per salutare calorosamente il nobile popolo cinese. (…) E chiedo ai cattolici cinesi di essere buoni cristiani e buoni cittadini". 

Un modo di "lisciare le squame" al dragone rosso, che ha fatto della "sinizzazione" delle religioni la condizione sine qua non perché queste continuino ad esistere, con grande sfortuna dei cattolici di Cina, ai quali continuano a essere imposti numerosi fastidi di ogni genere, e che potrebbero sentirsi messi da parte in questa offensiva di sorrisi tra il Papa e il loro presidente.

Sono dei messaggi che comunque sono pervenuti cinque su cinque a Xi Jinping, dal momento che l'attuale "Figlio del Cielo" della dinastia maoista ha inviato al Santo Padre un telegramma in cui dichiara di "volere rafforzare la fiducia reciproca" con il Vaticano, e giudica che le parole del Papa "riflettano amicizia e buona volontà".

Il barometro diplomatico tra Vaticano e Cina sembra essere in buona forma. Oltretevere, però, si è attenti a non muoversi troppo in fretta, perché i dietrofront cinesi sono inaspettati quanto i tifoni in quella parte del mondo...