“Opus Dei”: verso un'autonomia altamente regolamentata

Fonte: FSSPX Attualità

Fernando Ocariz, Prelato dell'Opus Dei

Con provvedimento del Romano Pontefice dell'8 agosto 2023, le prelature personali sono ora assimilate alle associazioni clericali pubbliche di diritto pontificio. Decreto che chiarisce la ristretta autonomia concessa all'Opus Dei nell'ambito della riforma in corso di elaborazione da parte della Santa Sede.

È stato collegandosi al portale informatico digitale della Santa Sede che circa 90.000 laici e 2.000 sacerdoti membri dell'Opus Dei hanno appreso, l'8 agosto, della modifica canonica che interessa il loro istituto.

Un'evoluzione che non è di per sé una rivoluzione, perché fa parte di un altro decreto – Ad charisma tuendam, promulgato nel luglio 2022 – che ha tra gli effetti il ​​trasferimento della vigilanza sulle prelature personali dal Dicastero per i Vescovi al Dicastero per il Clero: un modo per sottolineare l'idea che una prelatura è soprattutto un insieme di chierici, e quindi per delimitare più rigorosamente l'autorità del prelato generale che le sta a capo.

Per la cronaca, per prelatura personale si intende un particolare tipo di circoscrizione ecclesiastica, sorta all'indomani del Concilio Vaticano II, che dovrebbe consentire lo svolgimento di particolari compiti pastorali che "fuoriescono" dai confini di una singola diocesi. La prelatura personale ha anche la particolarità di non essere circoscritta a un territorio come le diocesi.

Il decreto dell'8 agosto segna una particolare insistenza su un punto preciso che non costituisce di per sé una novità: se il chierico che è membro di una prelatura personale è infatti posto sotto la giurisdizione del suo prelato, i laici che collaborano all'apostolato dell'istituto restano, da parte loro, sempre soggetti all'autorità del Vescovo diocesano nel cui territorio risiedono.

Questo è tecnicamente il significato del riferimento al canone 107, ora inscritto nel testo del canone 296. Nel contesto attuale, molti commentatori vedono, attraverso queste nuove disposizioni romane, una diminuzione dell'autonomia giuridica dell'Opus Dei: "Il Papa abolisce il privilegi dell'Opus Dei", titola il quotidiano spagnolo El Pais.

Si tratta, in realtà, specialmente di una precisazione fatta per evitare un'interpretazione ritenuta troppo ampia della legge, come può essere avvenuto in passato: quella di considerare il presule come un "super-vescovo", esercitando indiscriminatamente, allo stesso modo e senza controllo locale, la sua giurisdizione su tutti i membri della prelatura, siano essi chierici o laici.

Altro segno inequivocabile, il decreto del luglio 2022 prevede che il prelato generale dell'Opus Dei, non più investito dell'episcopato, non possa portarne le insegne: il grado di "protonotario apostolico" è concesso solo con il titolo di "reverendo monsignore".

A seguito di questo intervento papale, l'11 agosto, Mons. Fernando Ocariz – sacerdote attualmente alla guida dell'Opus Dei – ha pubblicato un comunicato stampa in cui dichiara di accogliere "con sincera obbedienza filiale le disposizioni del Santo Padre" e chiede al membri della prelatura a "rimanere uniti in questo atteggiamento".

Al di là di questa volontà di pacificazione, è difficile immaginare una simile precisazione romana avvenire sotto il pontificato di Papa Giovanni Paolo II: la storia ricorda che quest'ultimo aveva posto l'Opus Dei al centro dell'apparato vaticano, concedendole di fatto un'autonomia senza precedenti.

Ma da allora ne è passata di acqua del Tevere sotto i ponti, e gli eredi di monsignor Escrivà de Balaguer – il fondatore dell'Opera innalzata sugli altari dal papa polacco – fanno ora l'amara constatazione che la rupe tarpea è ancora come vicino al Campidoglio come ai tempi degli antichi romani.